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Recensione di Paolo Pomes.

Edmund Husserl, Il bambino – La genesi del sentire e del conoscere l’altro – testo tedesco a fronte, traduzione, introduzione, analisi e commento a cura di Angela Ales Bello, (Forme del filosofare) Fattore umano Edizioni, Roma 2019

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Antonianum XCV (2020) 727-739

RELATIONES BIBLIOGRAPHICAE

Edmund Husserl, Il bambino – La genesi del sentire e del conoscere l’al- tro – testo tedesco a fronte, traduzione, introduzione, analisi e com- mento a cura di Angela Ales Bello, (Forme del filosofare) Fattore umano Edizioni, Roma 2019, 96 pp.

1. Introduzione

È stato pubblicato recentemente, per la casa editrice Fattore Umano Edizioni, il testo di Edmund Husserl, Il bambino – La genesi del sentire e del conoscere l’altro, con la traduzione, introduzione, analisi e commento a cura di Angela Ales Bello1.

Il testo si presenta in un formato agile e contenuto nelle dimensioni. Ma la brevità del testo non deve far pensare alla scelta di un argomento circoscritto e marginale. In realtà, il libro, pur in queste dimensioni con- tenute, è ricco di molteplici spunti di riflessione teoretica che richiama- no in maniera organica vari aspetti dell’indagine husserliana.

Il tentativo di questa nota è quello di metterli in evidenza e suggerir- li al lettore per ulteriori approfondimenti.

2. La metodologia

Le pagine che riguardano il manoscritto Das Kind. Die erste Ein- fühlung2, acquisiscono un’importanza rilevante dal punto di vista me- todologico. Husserl redige il testo nel luglio del 1935, a circa settantasei anni, in una fase decisamente matura della sua riflessione. Conoscendo il filosofo e il suo rigore metodologico, non può essere un caso. Potrebbe essere stata un’esigenza? Forse.

È noto che abitualmente l’analisi fenomenologica husserliana con- centri la sua indagine sull’adulto proponendo una descrizione delle strut- ture conoscitive ed affettive del soggetto che va ad interrogarsi sulla for- mazione di queste all’interno delle nostre ‘vivenze’ (Erlebnisse)3. Ma ciò sembrerebbe non bastare ad Husserl. In questo manoscritto (ma, anche in altri luoghi dell’opera husserliana) intende analizzare quelle strutture con un processo regressivo, risalendo fino alla nascita dell’essere umano.

L’originalità di questa prospettiva e l’interesse suscitato negli stu- diosi di fenomenologia si sono manifestate già nel 1965 ad opera del fenomenologo Mario Sancipriano, che aveva tradotto e commentato la prima parte del manoscritto4 in un articolo della Rivista Aut Aut diretta da Enzo Paci, dal titolo L’Urkind di Husserl5. Lo stesso Paci aveva pub- blicato, nel medesimo numero, alcune osservazioni sullo scritto husser- liano e sulla traduzione di Sancipriano intitolato Genesi6. Ma, al di là degli aspetti storico-filologici, l’interessante è che già allora fosse eviden- te come Husserl avesse affrontato la questione della vita umana nell’età prenatale e nella prima infanzia in modo originale tanto da attirare l’at- tenzione di differenti studiosi fenomenologi.

Questo interesse per la questione della vita umana nell’età prena- tale e nella prima infanzia può essere interpretato come un’esigenza di un ulteriore approfondimento dell’analisi fenomenologica matura che nella prospettiva genetica e regressiva7, intende spingersi fino alle for- me originarie potenziali, all’orizzonte originario, alla temporalizzazione originaria; nozioni che potremmo dare “per scontate” 8. L’analisi feno- menologica si muove verso una descrizione della genesi delle strutture del sentire il “mondo” e gli altri che «sono potenzialmente contenute nell’essere umano quando viene al mondo e tale “venire al mondo” inizia dal concepimento, perciò comprende anche la vita intrauterina»9.

Il testo, quindi, rivolge la sua attenzione al momento della nascita nel duplice senso per cui si intende il manifestarsi della vita biologica e materiale di un individuo e, al contempo, il manifestarsi delle primissi- me forme della vita psichica e spirituale della persona umana. Rispetto a questo secondo senso, Husserl concentra la sua attenzione sulle modali- tà e le fasi con cui si costituiscono quelle nozioni attraverso cui, nella vita adulta, intuiamo ed esperiamo il mondo.

Pertanto, l’analisi regressiva diviene assai significativa perché l’esame del primo sorgere delle strutture originarie che sono potenziali nel bam- bino, consentono di identificare e di descrivere con più rigore ed effica- cia quelle dell’adulto, dotandole, semmai, di una dimensione temporale e processuale che arricchisce l’analisi fenomenologica.

3. La struttura del testo

Nonostante le dimensioni contenute, il testo curato da Angela Ales Bello è strutturato in quattro parti piuttosto dense.

La prima, dal titolo “Husserl fenomenologo” presenta alcune delle questioni più rilevanti dell’approccio fenomenologico husserliano, fun- zionali alla problematizzazione e comprensione del testo tradotto: su- peramento della visione naturalistica e positivista della conoscenza del mondo esterno e di quello interiore; la riduzione fenomenologica degli

Erlebnisse e la ricerca dell’essenza; la genesi del conoscere nella dimen- sione hyletica e le sintesi passive; la genesi della nozione di entropatia10.

La seconda parte del volume è dedicata alla traduzione integrale del manoscritto originale con testo a fronte che è stata suddivisa dalla cura- trice in cinque paragrafi: l’orizzonte originario; la nascita; genesi dell’en- tropatia; il linguaggio; entropatia dell’adulto. Il testo originario − come specifica la curatrice11 − si presenta unitario senza alcuna suddivisione interna, dato anche il carattere di annotazione non destinata alla pub- blicazione. Tuttavia, i paragrafi, di fatto, non fanno altro che scandire meglio il testo facilitandone la lettura e la comprensione generale dell’ar- gomento trattato.

Di fatto, questa suddivisione prelude e si adatta alla terza parte del libro che è, appunto, l’analisi e il commento del manoscritto. Si ripercor- rono i paragrafi dello scritto di Husserl che fungono da riferimenti per il commento analitico del testo.

La quarta parte, dal titolo “Ancora sulla nascita”, presenta lo svilup- po di un’ulteriore analisi del manoscritto husserliano che intende met- tere quelle pagine in relazione ad altri punti della riflessione husserliana in particolare quelli che riguardano i Grenzprobleme, i problemi di con- fine12 di carattere esistenziale e metafisico intorno al prima e al dopo la vita corporea.

4. I temi di interesse

Dopo una presentazione generale del libro, vorrei concentrarmi qui di seguito su quelli che per me sembrano essere gli spunti di maggior interesse che rendono questo testo importante per le molte tematiche husserliane a cui si collega.

4.1 Il tema della genesi e dell’orizzonte originario

Il primo è certamente il tema della genesi e dell’orizzonte originario.

Husserl, nel cominciare a delineare i primi attimi della nuova vita, pone immediatamente un problema che, in un certo senso, potremmo definire quello del “cominciamento”.

Infatti, il filosofo sfugge alla tentazione empiristico-sensistica di considerare il momento della nascita come momento privo di presup- posti, un punto zero, un atto isolato astratto e vuoto, indipendente da condizionamenti di spazio e tempo, “prima” dello stesso costituirsi dello spazio e del tempo. Rifiuta, quindi, il mito della “tabula rasa”, superficie assolutamente liscia considerata prima di qualsiasi “incisione” dell’espe- rienza e della stessa dimensione temporale.

Nella descrizione della genesi del sentire, Husserl rifiuta questo “mito” per la quale la vita, l’esperienza, la coscienza scaturirebbero ex nihilo, rispetto ad una discontinuità.

Al contrario, si può affermare che Husserl tiene ben presente la massima “ex nihilo, nihil fit” che descrive sinteticamente l’ipotesi della continuità. Dunque, non genesi come un “puro scaturire” dal nulla ma, genesi come percorso che proviene da una dimensione originaria, più profonda, preesistente e agente che ha un ruolo effettivo nel fenomeno della nascita.

La prima sezione del manoscritto che la curatrice ha denominato “L’orizzonte originario”, parte da una domanda sul fondamento di ciò che può essere definito il primo atto. È interessante che Husserl indichi che l’Io, fin dal primo originarsi, abbia già un “orizzonte del mondo”, un orizzonte originariamente iniziale ancora implicito ma che, comunque, è già nella sua disponibilità. L’uso del verbo avere, che si evidenzia molto bene nella versione originale in tedesco, non deve far pensare però ad un possesso. L’avere qui intende piuttosto la possibilità (di avere) o, più precisamente, (avere) la potenzialità di usufruire di un orizzonte del mondo, come del resto, anche la curatrice sottolinea nel suo commento facendo esplicito ri- ferimento al pensiero di Aristotele e alla interpretazione del divenire attra- verso i concetti di potenza ed atto. Pertanto, avere l’orizzonte del mondo

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(Das ist hat schon den Welthorizon”) significa avere implicitamente l’oriz- zonte delle potenzialità nella iniziale disponibilità di ciò Husserl indica come pre-Io (das Vor-Ich). Ciò vuol dire che l’Io prima del suo risveglio, il pre-Io che è ancora non vivente13 «ha già in sé le potenzialità per procurar- si quelle conoscenze che costituiranno il suo mondo»14.

Come l’orizzonte originario così pure l’orizzonte della temporalità è implicitamente presupposto. La temporalità è la prima potenzialità. Essa è la dimensione, l’orizzonte, appunto, del fluire dei nostri processi interiori, delle nostre vivenze. È ciò in cui esse “accadono”. Implicitamen- te, le nostre vivenze scandiscono quell’orizzonte come fluire. Un fluire, tuttavia, non caotico tale che nell’orizzonte temporale ogni cosa sia col- locata al suo posto15. Ciò è importante perché Husserl non considera la vivenza, fosse essa percettiva, rimemorativa, immaginativa, etc., come un atto puntuale, irrelato e giustapposto ma intende sottolineare, al contra- rio, che ogni vivenza si attui in un contesto che implicitamente, in un certo senso, si presenta già come contesto ordinato e continuo.

4.2 La dimensione hyletica del pre-Io

L’orizzonte originario, nel suo senso originario (Ursinn), è un orizzon- te vuoto. È la pura dimensione ricettiva. È ciò che è stato ‘ricevuto’ in “ere- dità”16 e che ha la potenzialità di essere riempito. Pertanto, il primo atto del pre-Io colto in prima istanza è un’affezione, una modificazione che indica un accadere non voluto. Ma la passività17, in questo senso, è apparente per- ché già in essa è implicita una reciprocità dovuta ad una sollecitazione che è anche un primo rivolgersi spontaneo in vista di un riempimento.

È la dimensione hyletica in cui il pre-Io riceve la hyle a livello sensoria- le come un contatto con il mondo esterno pur non essendo ancora “desto” ovvero, non avendo ancora la possibilità di prendere coscienza quindi di registrare attivamente i propri vissuti e di essere rivolto ad essi in modo attentivo e consapevole. La passività del pre-Io può essere intesa piutto- sto come un grado di consapevolezza che ovviamente è assente in questa fase dello sviluppo del bambino. Tuttavia, nella dimensione hyletica anche della fase embrionale, l’Io, pur nella forma della mera ricezione, è sempre presente come sostrato delle affezioni e quindi sempre attivo18.

L’affezione è contatto con le cose e reazione spontanea ad esse. Il bambino si rivolge innanzitutto «[…] verso qualcosa che lo ha sollecita- to, infatti, ha la potenzialità di farlo»19.

E questo rivolgersi è l’indicazione che il pre-Io ha, a suo modo, il mondo per il quale, al momento, non è “vivente”, non è desto ma indica la traccia di una coscienza allo stato embrionale20. Il pre-Io riceve quindi l’invito del mondo dei viventi, dei genitori innanzitutto ad entrare nella comunità dei soggetti egoici che vivono pienamente e consapevolmente e pertanto, entrano nella temporalità storica della comunità a cui gli ‘io’ viventi appartengono. Da cui l’espressione husserliana «i viventi sveglia- no il non-vivente»21.

La nascita, in questo senso, si presenta sotto un duplice aspetto: è una forma di risveglio certamente biologico, benché sappiamo di una vita intrauterina in cui le cinestesi indicano un senso non caotico e non casuale di preacquisizioni e di percezioni ma senza coscienza. Si presen- ta altresì anche come risveglio dal punto di vista della coscienza che si viene formando e che si attuerà pienamente nella costituzione di un Io capace di rapportarsi agli altri dotato di entropatia. La nascita consente lo svilupparsi di una vita desta grazie all’attivazione della dimensione hyletica che presuppone capacità latenti in quanto non ancora possedute consapevolmente.

Certamente, il neonato è già un Io con capacità elevate; ma non è in grado ancora di riflettere su se stesso. Non ha una temporalità sviluppata poiché vive una dimensione solo presente con ritenzioni e protensioni priva di rimemorazione. Il bambino primordiale appena nasce non ha una temporalità cosciente. Questo passaggio avviene soltanto con la rimemorazione quando cioè, il bambino è in grado di immagazzinare esperienze e ricordarle. Nella primissima fase della nascita il bambino configura il suo spazio mediato dalla madre ed ‘usa’ la madre22 nella sua primordialità come trasmissione di informazioni mediante il suo corpo.

Naturalmente nella prospettiva del bambino che comincia ad orga- nizzare il suo spazio e la madre, ella è quella che riempie il vuoto del suo bisogno; in qualche modo colma il suo spazio che è un primo spazio che il bambino configura come ciò che “ha” e che riempie. La madre è que- sto primo corpo materiale (Körper) ma che ben presto è costituito anche come corpo vivente (Leib) nel contatto visivo, manipolativo e uditivo. Il bambino è istintivamente in relazione con la madre per via dei suoi bisogni ma non ha ancora entropatia. I campi sensoriali sono presenti ma come interazione reciproca con i campi della madre, senza distinzione e quindi senza entropatia che presuppone la configurazione di due entità separate.

L’entropatia avviene nel momento in cui c’è relazione. Il distacco dalla madre consente la centralizzazione del bambino in un Io come cen- tro di irraggiamento dove il corpo rappresenta la possibilità di realizzare un movimento libero ed autonomo.

L’entropatia primordiale diviene il legame di interazione di condi- visione, di un sentire comune. Si tratta, tuttavia, di una forma iniziale in quanto solo istintiva non basata su un interesse vero e proprio alla rela- zione. Il bambino si rende conto dell’affettività della madre solo istin- tivamente. Egli sa in maniera istintiva corporea che in quel corpo c’è la possibilità di soddisfare il suo bisogno di fame, di affettività, ma non c’è consapevolezza di tutto ciò. È dunque una forma di entropatia istintuale. Non c’è entropatia in quanto non c’è ancora «autentico riconoscimento dell’altro come corpo vivente simile a me e nello stesso tempo diverso

22 Husserl, Il bambino, p. 35.

da me»23. Fondamentale per lo sviluppo dell’entropatia è, quindi, la co- stituzione dell’Io consapevole ovvero di quella dimensione nella quale comprendo me stesso, i miei limiti, e la relazione con l’altro che identi- fico come diverso da me ma simile a me stesso. Questa dimensione, in questo livello hyletico non prescinde dal fatto che, comunque, vi sia un Io. Solo che l’Io non è svelato a se stesso, non è tematizzato dal bambino in quanto Io. Tuttavia, l’Io “funziona” anche nella inconsapevolezza e resta il centro dell’affezione e della azione nonché centro di tutte le po- tenzialità che dovranno essere espresse nello sviluppo del bambino.

4.3 Il tema dell’entropatia e l’interazione con il linguaggio

Una volta individuato il livello hyletico della genesi degli atti e delle interazioni istintuali dell’infante, Husserl cerca di muoversi nella direzio- ne della identificazione dei primi atti del riconoscimento dell’altro e quin- di della genesi dell’entropatia. Ma questo richiede, da parte dell’infante, il primo possesso del proprio corpo e la distinzione del suo corpo da quello dell’altro24. Innanzitutto, si parte dal riconoscimento dell’altro come corpo vivente dunque corpo animato dalla psiche. Proprio questo riconoscimen- to indica che siano presenti vivenze anche nell’altro come le mie. Pertanto, da questa consapevolezza, possiamo vedere il sorgere dell’entropatia come capacità di saper cogliere le vivenze dell’altro nella loro essenza, ovvero nel loro senso profondo (struttura) che io colgo indubitabilmente prima di ogni possibile espressione o verbalizzazione.

È interessante rilevare in questa fase dello sviluppo del bambino la funzione del linguaggio nella genesi dell’entropatia che è sottolineata della riflessione husserliana25 e che, a differenza di molte teorie linguistiche del ‘900 che vedono il linguaggio come costitutivo dei processi logici attra- verso cui noi costruiamo il mondo oggettivo che diviene sensato per noi in quanto mediato da significati stabiliti intersoggettivamente, assegna al linguaggio un importante ruolo di demarcazione e segnalazione del pas- saggio dal pre-Io all’Io consapevole anche se non costitutivo e determinante di questo passaggio. Quindi, l’entropatia che potremmo definire come «l’atto del sentire/conoscere l’altro»26 si manifesta indipendentemente dalla nostra capacità di esprimere questo sentire/conoscere linguistica- mente. Tuttavia, nella formazione dell’Io consapevole, il linguaggio gioca un ruolo di mediazione che ci consente di sfruttare al meglio la nostra con- naturata capacità di utilizzare simboli e quindi di comunicare significati.

Husserl in una primissima fase riconosce il linguaggio come scam- bio, ma questo scambio non è ancora caratterizzato dall’entropatia per- ché è ancora scambio di suoni e un denominare privo della capacità di cogliere le vivenze dell’altro. Il suono è ancora legato alla sfera e hyleti- ca del bambino, anche se è preparatorio alla formazione dei nomi e alla comprensione del mondo oggettivo. Diviene strategico il momento del passaggio dall’uso della terza persona a quello della prima in cui il bam- bino conquista il termine Io, indice dell’avvenuta consapevolezza della propria distinzione come corpo vivente per quello degli altri. È solo in questa fase, con questa nuova consapevolezza in cui il bambino dice “io”, che si apre la possibilità dell’entropatia e della oggettivazione cioè la ca- pacità di proiettarsi “fuori” come oggetto. Contestualmente, si sviluppa anche la capacità di orientarsi nello spazio e nel tempo. Ecco, quindi, per il tempo, lo stabilirsi della differenza tra presente e non-più-presente che, però, permane nella memoria e che viene collocato nella dimensione temporale del “passato”. Inizia, quindi, quella fase in cui si comincia ad attualizzare quell’orizzonte originario della temporalizzazione che come primo atto era solo implicito e potenziale27. Per lo spazio, il bambino inizia a cogliere il vicino e il lontano, quindi, la prossimità e la distanza da un centro appercettivo che è l’Io consapevole28.

4.4 Il tema dell’inconscio

Il costante riferimento di Husserl all’Io consapevole mette in evidenza − potremmo dire − per negazione, la necessità di avere una qualche concezione “di ciò che consapevole non è”. In pratica, vogliamo entrare in un territorio che richiede un’indagine fenomenologica dell’inconscio. Vediamo innanzitutto che per Husserl vi sono due sensi per il termine inconscio: uno prevalente, che abbiamo già incontrato varie volte anche nell’analisi de “Il bambino”, e che riguarda il territorio in cui la coscienza non è totalmente sospesa ma è, temporaneamente disattivata, in tutte quelle operazioni che effettuiamo passivamente nella forma di automatismi che procedono secon- do schemi interiorizzati per i quali non poniamo il focus attentivo. Il secondo senso, più vicino a quello individuato da Freud, è quello di uno strato sede degli impulsi psichici e delle preconoscenze dal punto di vista conoscitivo. È interessante questo riferimento al pensiero di Freud che si esplicita in vari punti della produzione husserliana e che trova la sua sintesi, come riferisce la Ales Bello, nei Grenzprobleme non per contrapporsi ma per cercare di com- prenderne l’origine e il funzionamento. La dimensione inconscia dunque in Husserl non è negata o rifiutata ma viene accolta come una delle possibili dimensioni dell’Io e che, pertanto, va spiegata nel suo manifestarsi. In so- stanza, il risultato dell’analisi di Husserl intorno all’inconscio (umbewusst) è quello di evidenziare l’aspetto dell’inconscio come terreno delle pulsioni (trieb) passive. Ed è proprio per questo che risulta ancor più interessante questo testo sul bambino che, in qualche modo, esemplifica questo signifi- cato di inconscio nell’analisi del proto-bambino e che, come abbiamo visto, è caratterizzato fin dalle prime fasi della vita da un sistema di impulsi che Husserl sottolinea non caotici, che, quindi, hanno la loro intenzionalità ma hanno una dimensione passiva nel senso di ciò che è potenziale ovvero di ciò che rappresenta il momento sorgivo da cui scaturiscono tutte le possibilità, tutte le capacità che verranno ad essere attualizzate. Coscienza e inconscio, Io ed Es, non sono, come in Freud, necessariamente in conflitto in una lotta per il prevalere dell’uno o dell’altro. Il conflitto può darsi, può essere contem- plato nella dimensione della repressione, dell’inibizione, della sublimazione. Ma non è un processo meccanico, necessario. È, piuttosto, un processo che trova anche nella dimensione potenziale dell’inconscio l’opportunità della attualizzazione e della costituzione dell’Io.

4.5 Il tema della vita e della morte (preesistenza della dimensione esisten- ziale/coscienziale)

Correlato al tema dell’inconscio, facciamo riferimento anche al tema della vita e della morte che è ovviamente legato al discorso nella genesi del sentire proprio del bambino. Nel paragrafo del testo che ri- guarda la nascita e la morte, il filosofo cerca di impostare un’indagine trascendentale in cui si possono evidenziare le vivenze legate alla pre-na- scita e alla possibilità di una vita dopo la morte.

Non mi dilungherò sull’analisi che porta Husserl a ipotizzare che sia pensabile senza contraddizione29 una vita prima della nascita e una conti- nuazione della vita oltre la morte. Indipendentemente dalle formule in- dividuate e dai riferimenti filosofici presenti nella produzione di Husserl legati, in particolare, al pensiero di Leibniz in cui il filosofo delinea l’idea di una permanenza della coscienza e, quindi, di alternarsi di stati che po- trebbero essere definiti come “Io originariamente dormiente” rispetto ad un “Io desto”, consapevole in uno stato di veglia e di coscienza30, la cosa che mi sembra importante sottolineare, e che il commento della curatrice pone sotto la lente di un’analisi fenomenologica stringente, è l’idea forte e pregnante che in Husserl che vi sia una priorità ontologica della conti- nuità rispetto alle discretezza. In questo scritto su “Il bambino” ciò che ha costantemente cercato di mostrare è che nessuna genesi possa essere un semplice scaturire dal nulla e che ciò che si presenta come originario è a sua volta un prodotto di un processo di cui non siamo totalmente consapevoli, di cui non conosciamo totalmente ed esaustivamente tutte le applicazioni. Ma ad una attenta analisi fenomenologica noi non possiamo non ipotizzare una dimensione di continuità31.

Qui si aprono un ventaglio di possibilità che portano direttamente l’analisi di Husserl verso una direzione metafisica nella quale si ripropon- gono i classici problemi della metaphyisica specialis: Dio, anima, mondo32, dove la questione dell’immortalità dell’anima campeggia con tutta la sua profondità. “Io” non solo come centro della nostra consapevolezza e del- le funzioni entro cui noi raccogliamo le nostre vivenze, ma anche come centro d’azione e di identità, punto di partenza di un progetto esistenziale affidato a ciascuno di noi, al quale rimanere fedeli. Non è un caso che la

curatrice Angela Ales Bello, proprio a questo proposito, non possa fare a meno di fare riferimento alle teorie di Edith Stein che in Potenza ed atto33 riprende questo concetto accennato dal suo maestro per svilupparlo nella concezione del nucleo identitario (Kern) che, in quanto centro più pro- fondo della persona, non dipende dalla dimensione del corpo, anche se il corpo in questa vita gli fornisce il sostrato. Nella articolata antropologia husserliana e steiniana corpo, psiche e intelletto interagiscono fra loro pur nella loro indipendenza. Esse costituiscono delle stratificazioni ognuna delle quali ha specifiche qualità che le distinguono ma che, al contempo, sono correlate e funzionali alla costituzione della identità della persona umana che vive nella comunità e che agisce nella comunità.

La domanda sul senso dell’essere collocato esistenzialmente in un con- testo, la domanda intorno al nostro ruolo, il senso del nostro esistere e con- tribuire all’interno della comunità umana nella quale viviamo, ma anche il nostro aspirare all’eterno, il nostro ipotizzare un’azione che superi il limite della temporalità, sono domande che pongono questioni metafisiche che l’analisi fenomenologica non teme di affrontare con le dovute cautele me- todologiche fino ad esplorare territori cari alla tradizione filosofica.

Il merito della curatrice Ales Bello è appunto quello di guidare il lettore in un percorso arduo che va dall’aspetto gnoseologico a quell’an- tropologico per giungere fino a quello metafisico navigando attraverso alcuni brani significativi della produzione husserliana, mettendo in risal- to l’aspetto metodologico della fenomenologia husserliana, le fasi del suo pensiero in relazione alla genesi delle prime forme di conoscenza del sé e dell’altro ed infine aprendo la riflessione intorno alle tematiche esistenziali e metafisiche. Ciò a riprova del fatto che l’indagine fenomenologica non si tiri indietro rispetto alle questioni ultime ma metta in campo tutto il suo armamentario filosofico per dare senso e dignità a ciò che rende fonda- mentalmente “umano” l’uomo.

Paolo Pomes

1 Professore Emerito di Storia della Filosofia Contemporanea presso la Pontificia Università Lateranense, Docente di Fenomenologia presso la Pontificia Università Anto- nianum, Presidentessa del Centro Italiano di Ricerche Fenomenologiche da lei fondato.

2 E. Husserl, Zur Phänomenologie der Intersubjektivität, Beilage XLV, Das Kind. Die erste Einfühlung, hrsg. von I. Kern, Husserliana XV, Martinus Nijhoff, Den Haag 1973.

3 Sull’uso del neologismo ‘vivenza’ cfr. A. Ales Bello, in E. Husserl, Il bambi- no, p. 14, n. 3. Vedi anche A. Ales Bello, Introduzione alla fenomenologia, Aracne, Roma 2009, p. 11, n. 1.

4 Numerato come K III 11 e pubblicato in Zur Phänomenologie der Intersubjekti- vität, vol. III, hrsg. von I. Kern, Husserliana XV, Martinus Nijhoff, Den Haag 1973, p. 604-608.

5 M. Sancipiriano, L’“Urkind” di Husserl, in Aut Aut, 86 (marzo 1965) 7-26, ed E. Paci, [Il senso delle parole:] Genesi, in Aut Aut, n. 86 (marzo 1965) 93-95.

6 Per i dettagli e i riferimenti puntuali si rimanda al testo di A. Ales Bello, Intro- duzione a E. Husserl, Il bambino, p. 6.

7 Ales Bello, Introduzione, p. 6.

8 Ales Bello, Introduzione, p. 6: «alcune nozioni che diamo per scontate, come quelle già indicate di tempo e di spazio caratterizzanti la nostra vita, secondo il fenome- nologo hanno un’origine che può essere scoperta attraverso un’analisi regressiva: non basta analizzarle rispetto all’adulto, ma è necessario regredire fino alla nascita dell’essere umano. Nel bambino tali nozioni sono presenti potenzialmente ed esse si debbono attualizzare movendo da un patrimonio latente già posseduto; ciò giustifica l’uso di prefissi come ur e vor, che indicano ciò che si trova in origine, che precede».

9 Ales Bello, Introduzione, p. 6.

10. Si preferisce usare per il termine tedesco Einfühlung la traduzione di entropatia più aderente al senso teoricamente originario dell’uso husserliano piuttosto che il ter- mine empatia sicuramente più usato e conosciuto ma che proprio per questo ha assunto un significato più ampio, generico, legato ad alcuni usi di differenti discipline e, pertan- to, in alcuni casi passibile di fraintendimenti.

  1. Husserl, Il bambino, p. 31, n. 1.
  2. Husserl, Il bambino, p. 65-87. Si vedano le osservazioni della curatrice, in particolare, nella Parte IV, “Ancora sulla nascita”, in cui si evidenziano, in modo puntuale, alcuni temi del testo sul bambino in riferimento ai Grenzprobleme: E. Husserl, Gren- zprobleme der Phänomenologie. Analysen des Unbewusstseins und der Instinkte. Meta- physik. Späte Ethik, Texte aus dem Nachlass (1908-1937), hrsg. von R. Sowa und Th. Vongher, Husserliana, vol. XLII, Springer, Dordrecht, 2013.
  3. L’espressione “non vivente” indica una dimensione in cui non è ancora la possi- bilità della presa di coscienza in cui, quindi, il pre-Io non è ancora in grado di registrare attivamente i propri vissuti ovvero, non è ancora in grado di rivolgere ad essi la propria attenzione consapevole.
  1. 14  Cfr. Husserl, Il bambino, p. 31.
  2. 15  Cfr. Husserl, Il bambino, p. 30 «[…] und so alles in allem an sich Früheren in seiner Stelle impliziert ist».
  1. Husserl, Il bambino, p. 52 e 53.
  2. Cfr. Ales Bello, Introduzione alla fenomenologia, p. 42: «Quando Husserl parla dei livelli passivi, vuol dire che solo analiticamente capiamo che abbiamo già fat- to quei passi, sono diventati nostri e non possiamo non farli, è questa la passività che Husserl intende».

18 Cfr. A. Ales Bello, Il senso delle cose, p. 78. «[…] anche se l’universo hyletico è un universo non egologico (si costituisce senza l’intervento dell’io) l’io è sempre pre- sente come luogo delle affezioni e sempre attivo».

19 Husserl, Il bambino, p. 53; a p. 86 si legge sul concetto di passività non intesa meccanicisticamente ma come “potere” e “capacità” ovvero potenzialità contenente in sé lo sviluppo successivo.

  1. Husserl, Il bambino, p. 31.
  2. Husserl, Il bambino, p. 31.

23 Husserl, Il bambino, p. 56.

24 E. Husserl, Meditazioni Cartesiane e Lezioni parigine, V meditazione (A. Canzoneri cur., Introduzione di V. Costa, Els La Scuola, Brescia 2017).

25 E. Husserl, Ricerche logiche, I Ricerca, G. Piana cur., Il Saggiatore, Milano 20013, p. 221-260.

  1.  Husserl, Il bambino, p. 63.
  2.  Husserl, Il bambino, p. 31. Cfr. E. Husserl, Per la fenomenologia della coscienza interna del tempo (1893-1917), A. Marini tr., Franco Angeli, Milano 2004, p. 357-358.

28 Husserl, Il bambino, p. 73.

29 Husserl, Il bambino, p. 81: «A Husserl non interessa che tutto ciò sia reale, gli basta che sia possibile, cioè non contraddittorio non ciò che sappiamo».

  1.  Cfr. Husserl, Il bambino, p. 31: «I viventi svegliano il non-vivente».
  2.  Husserl, Il bambino, p. 81: «In ogni caso ciò che sembra escludere [Husserl] e che le coscienze o le anime abbiano un inizio o una fine che coincide con la nascita e la morte». 32 Cfr. A. Ales Bello, Husserl. Sul problema di Dio, Studium, Roma 1985; A. Ales Bello, Edmund Husserl. Pensare Dio Credere in Dio, Edizioni Messaggero, Padova 2005.

33 E. Stein, Potenza e Atto. Studi per una filosofia dell’essere, A. Caputo trad., pre- fazione di A. Ales Bello, Città Nuova, Roma 2003.